Finanza etica

La finanza etica è l’organizzazione e la gestione dei servizi d’intermediazione finanziaria con lo scopo di rispettare determinati valori morali e di raggiungere determinati obiettivi ritenuti moralmente vincolanti. La finanza trasnazionale rappresenta uno dei poteri forti che determina l’attuale situazione mondiale. Le operazioni speculative non hanno più nessun legame con l’economia reale, e sono in grado di condizionare i governi, facendo cadere i costi della crisi su tutti i cittadini. Se pensiamo alla recente catastrofe argentina (arginata dagli argentini solo grazie all’economia solidale), ed all’informazione successiva al dramma di New York è stata forte la sensazione che il mercato finanziario si sapesse sviluppare indipendentemente dalla crescita economica reale, dalla produzione di ricchezza e dall’occupazione. A ciò si aggiungono l’ormai cronica mancanza di trasparenza del sistema, la sempre maggiore distanza dei cittadini (il cosiddetto “parco buoi”) dalla finanza e la predisposizione sempre più spiccata alla delega delle scelte in campo finanziario. Colmare questo scollamento pretendendo trasparenza e facendo scelte consapevoli è il modo migliore per iniziare il cambiamento. Molte sono le opportunità di finanza alternative proposte: si tratta di iniziare a conoscerle e diffonderle per far sì che la finanza etica diventi una leva culturale volta a cambiare l’attuale sistema economico ed i nostri stili di vita. In un mercato finanziario globalizzato le scelte dei consumatori assumono “valore politico”. Come dice Alex Zanotelli” si vota ogni volta che si acquista qualcosa..” e questo vale, forse anche di più, quando si sceglie dove destinare e a chi far gestire il proprio risparmio.

Cosa si intende per “finanza etica”? I due termini finanza ed etica sembrano in contrapposizione, l’idea di “finanza” richiama alla speculazione, alla transazioni di capitali da una parte all’altra del pianeta ed ha assunto nel tempo un’accezione negativa. Di contro il termine “etica”, seppure sovrautilizzato, mantiene una connotazione positiva, richiama a valori positivi, alla morale assoluta che sentiamo necessaria per la convivenza umana, ad un comportamento che persegue il bene comune. Questi due termini insieme stanno a spiegare un concetto semplice: la necessità di riportare la finanza – e con essa i soggetti finanziari, a partire dalle banche – a svolgere la propria funzione originaria di garanti del risparmio, di operatori che agevolino il suo trasferimento nel tempo e nello spazio e soprattutto sostengano lo sviluppo dell’economia reale, evitando gli impieghi puramente speculativi. La finanza etica ha posto fondamento nel suo “Manifesto della Finanza Etica e Solidale”, che raccoglie attorno a sé un ormai vasto consenso sociale e che recita nei suoi riferimenti principali:

  • che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto per tutti gli esseri umani;
  • considera l’efficienza una componente della responsabilità etica;
  • non ritiene legittimo l’arricchimento basato sul solo possesso di denaro;
  • è trasparente;
  • prevede la partecipazione alle scelte * importanti dell’impresa non solo dei soci ma anche dei risparmiatori;
  • ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed ambientale;
  • richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l’attività.

Tra la fine degli anni 60 e gli anni 90 si sviluppano in Europa e nel mondo una serie di esperienze di finanza alternativa. Le più importanti banche etiche in Europa sono la Oekobank in Germania, che si sviluppa sull’onda di movimenti pacifisti ed ecologisti. Nel 1980 nasce la Triodosbank in Olanda, la quale ha filiali in Belgio ed Inghilterra e nel 1990 l’ABS (Alternative Bank Swisse) fondata su due principi partecipazione e trasparenza. Mentre nel mondo l’esperienza più importante considerata la madre di tutte le banche etiche è la Grameem Bank in Bangladesh che si occupa di microcredito, la concessione di piccole somme di denaro a gruppi di persone, la cui unica garanzia è la coesione sociale. In Italia nel 1998 nasce Banca Etica, come banca popolare, nasce sull’esempio delle esperienze straniere, ma nasce soprattutto per colmare un vuoto economico e sociale, il finanziamento del terzo settore sempre più relegato all’attività benefica delle fondazioni.

In Italia la finanza etica nasce con le mag (mutua auto gestione), cooperative finanziarie autogestite che raccolgono il risparmio tra i propri soci per finanziare progetti con elevata utilità sociale, secondo i principi di trasparenza e partecipazione. Per “utilità sociale” si intende quell’insieme di attività e servizi volti al miglioramento della qualità della vita degli individui e dell’ambiente e che spesso non trovano un interlocutore abbastanza attento e sensibile nel circuito finanziario tradizionale. Nascono e si diffondono tra la fine degli anni Settanta e gli anni 90 e sono: Mag Verona (1977), Mag 2 Milano (1980), Autogest Udine e Mag 3 Padova (1983), Mag 4 Piemonte (1987), Mag 6 Reggio Emilia (1988), Ctm-Mag (1989), Mag 7 Genova (1991), Mag Venezia (1992).Le Mag svolgono attività esclusivamente sul territorio dove sono nate. Ma il proliferare delle leggi crea una serie di restrizioni alle loro attività; in particolare la legge 197 del 1991, nota come legge antriciclaggio, ha reso obbligatorio l’iscrizione delle mag all’UIC, in quanto riconosciute come intermediarie finanziarie, ma ha imposto un vincolo di capitale minimo pari ad un miliardo di lire e 3 anni per adeguarsi ha rappresentato un serio ostacolo data la scarsa capitalizzazione delle mag). Il testo unico in materia bancaria e creditizia entrato in vigore 1/1/94 vietava la raccolta del risparmio alle cooperative finanziarie esercenti attività finanziaria. La delibera del CICR, vieta la raccolta presso soci alle coop. esercenti attività finanzia, ma prevede la possibilità di raccogliere denaro nell’ambito dei gruppi di impresa ed il divieto resta limitato alle persone fisiche. Il mondo Mag si deve adeguare; qualcuna riesce ad aumentare il capitale sociale, come Ctm-Mag (Mag 3 e Mag Verona si trasformano in cooperative di servizi e fanno confluire l’attività finanziaria in Ctm-Mag). Mag 4 sospende temporaneamente l’attività finanziaria, finchè Ctm-mag (oggi Etimos) le versa l’ammontare mancante di capitale. Mag 6 e Mag 2 trasferiscono i libretti di deposito a capitale sociale.

In questo contesto nasce per alcune Mag e per alcune tra le principali organizzazioni di terzo settore presenti in Italia l’esigenza di creare una banca, che a livello nazionale possa fare quello che fanno le Mag sul territorio e per dare un’opportunità di sviluppo al Terzo Settore. Vi è dall’altra parte un crescente numero di risparmiatori disposti ad investire il proprio denaro in attività positive dal punto di vista sociale ed ambientale. L’insieme di questi fattori ha portato nel dicembre del 1994 alla costituzione dell’Associazione Verso la Banca Etica. In questa Associazioni furono coinvolte le realtà più significative del Terzo Settore, con l’obiettivo di definire il progetto per la creazione di una banca alternativa. Successivamente fu costituita la “Cooperativa verso la Banca Etica” per lo sviluppo del progetto imprenditoriale, la raccolta del capitale sociale e l’individuazione di un soggetto più definito nei rapporti con Banca d’Italia. Successivamente raggiunto il capitale necessario, il 16 marzo 1999 apre a Padova il primo sportello della Banca Popolare Etica, da lì a poco seguito da Milano, Brescia, Roma, Vicenza, Bologna.

Contemporaneamente allo sviluppo della finanza etica in Italia, il mondo bancario tradizionale comincia ad interessarsi a questo segmento di mercato, la clientela inizia a chiedere prodotti di investimento che abbiano anche un’utilità sociale e che non puntino solo alla massimizzazione del profitto. Le banche rispondono alla richiesta in principio con la creazione di linee di conti correnti che prevedono la devoluzione in beneficenza di una parte degli interessi a sostegno di organizzazioni umanitarie o di particolari progetti benefici, ambientali o per il recupero di beni artistici. Successivamente a partire dalla seconda metà degli anni 90, diverse banche tradizionali lanciano sul mercato fondi comuni di investimento di tipo aperto con la denominazione di “fondi etici”. Questi fondi chiamati tecnicamente social responsabily investment (SRI – investimenti socialmente responsabili) si rifanno al modello anglosassone. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti questa tipologia di fondi esiste da oltre trenta anni ed è caratterizzata dal fatto che nel regolamento del fondo sono elencati i principi di esclusione o di inclusione dei settori in cui investire o non investire. Il principio generale, che accomuna questa tipologia di fondi, indica di penalizzare le imprese che operano in settori con produzioni lesive della dignità dell’uomo, dei suoi fondamentali diritti, della salute e dell’ambiente e che operano nel settore degli armamenti. In alcuni casi vengono utilizzati anche criteri di selezione positivi, quali la scelta di imprese che operano nei settori della tutela dell’ambiente e del miglioramento della qualità della vita. Alcuni gestori si avvalgono di un comitato etico, quasi sempre un organo esterno, per la gestione dell’aspetto etico dei fondi. Solo di recente sono stati presentati sul mercato da parte di gestori finanziari tradizionali strumenti di investimento etici più innovativi, come prestiti obbligazionari che finanziano direttamente progetti con elevato valore sociale oppure fondi immobiliari chiusi destinati allo sviluppo di strutture che possono contribuire ad un miglioramento della qualità della vita.

La storia, le idee, le esperienze che formano il patrimonio della società civile organizzata dimostrano come il sogno di dare un’anima alla finanza, nato un po’ in sordina, sia diventato una realtà. Esiste cioè la possibilità di sviluppare la solidarietà non con atti di beneficenza, ma sul piano finanziario. Nell’illustrare i punti di forza e gli ambiti ancora in discussione, si è sempre cercato di mantenere una costante metodologica: far risaltare il rigore necessario per un cambiamento lento, progressivo e profondo. Un cambiamento che dovrebbe investire lo stesso mondo bancario tradizionale e non solo in ambiti marginali. Le ultime generazioni di investimenti proposti dalle banche si discostano dal modello iniziale di conto corrente con devoluzione degli interessi e dai fondi comuni di investimento di tipo aperto. Rispetto a questo settore sono stati proposti strumenti innovativi: prestiti obbligazionari che finanziano progetti con elevato valore sociale oppure fondi immobiliari chiusi. L’ammontare complessivo della raccolta dei prodotti censiti ammonta ad oltre 3 miliardi di Euro, suddivisa tra capitale sociale e prodotti di risparmio. Questo dato dimostra che pur trattandosi di una nicchia di mercato, la finanza etica suscita un interesse crescente con forti potenzialità di sviluppo. Una caratteristica fondamentale dell’investimento etico è l’informazione al risparmiatore e la trasparenza. Nell’attività finanziaria tradizionale infatti la norma è l’asimmetria informativa. Chi investe nei prodotti di risparmio etico proposti dagli istituti di credito tradizionali, tranne in rari casi, non conosce la destinazione del proprio denaro. Viceversa, la peculiarità degli organismi finanziari eticamente orientati è quella di rendere noto il programma di impieghi.

Organizzazioni di finanza etica
La finanza etica è uno stile di conduzione dei servizi e degli intermediari finanziari a cui oggi corrisponde un consistente movimento organizzato su scala internazionale. In generale si parla di O.F.E. (organizzazioni di finanza etica). Tale movimento ha preso avvio a partire dagli anni 1990, per lo più in forma spontanea, in diversi paesi sia sviluppati che nel Terzo Mondo. Uno degli ispiratori è considerato M. Yanus, fondatore della Grameen Bank. Si legge nel Manifesto della finanza etica: “La finanza eticamente orientata ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano. Non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell’etnia o della religione, e neanche sulla base del patrimonio, curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati. Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale e ambientale, valutando i progetti col duplice criterio della vitalità economica e dell’utilità sociale”.

La natura delle O.F.E. è duplice. Esse sono prima di tutto intermediari finanziari (principalmente banche e fondi d’investimento) a tutti gli effetti, soggetti alle norme generali che ne regolano l’attività, tra cui quelli della corretta gestione economica, la tutela del risparmio e la valorizzazione del capitale dei soci. A ciò però si aggiunge una caratteristica di “eticità”, che deve essere evidenziata e regolata a statuto, e che si manifesta sia nei rapporti con i soggetti che mettono a disposizione i propri fondi, sia nei rapporti coi soggetti che li prendono a prestito.
Nei rapporti coi soggetti che mettono a disposizione i fondi devono valere i principi di trasparenza e controllabilità. Trasparenza significa che un risparmiatore di una O.F.E. deve conoscere con precisione la destinazione dei fondi stessi di modo che essa sia coerente con le finalità statutarie. Controllabilità significa che il risparmiatore stesso può determinare la destinazione dei fondi. Va osservato che i normali intermediari finanziari non hanno questi obblighi.

Nei confronti dei soggetti che prendono a prestito, i quali devono corrispondere alle caratteristiche di merito sociale, le O.F.E. hanno l’obbligo di vigilare sul corretto uso dei fondi rispetto alle finalità statutarie, ma anche di assistere e coadiuvare il soggetto finanziato a condurre a termine nel miglior modo il proprio progetto economico.

Il movimento delle O.F.E. ha origini e natura analoghe a quello delle organizzazioni non governative e di quelle cooperative, e come queste è espressione della cultura della democrazia economica. Essa si sviluppa nel corso del XX secolo con lo scopo di contrastare e correggere gli effetti sociali negativi dovuti alle degenerazioni del sistema economico di mercato, come la formazione di concentrazioni di potere economico in poche mani, la discriminazione di soggetti deboli e la loro caduta nella povertà, il disinteresse verso obiettivi d’interesse collettivo. In particolare la finanza etica riconosce il ruolo centrale del risparmio e degli intermediari finanziari nei processi di sviluppo, e trova la propria giustificazione nel fatto che nei paesi poveri, sia la formazione del risparmio che, soprattutto, la possibilità di ricevere credito sono fortemente carenti o addirittura assenti. I grandi canali dei mercati finanziari internazionali sono accessibili solo alle imprese di grandi dimensioni, e sono soggetti ad instabilità e a svariati condizionamenti economici e politici. Le banche tradizionali, ove esistono, sono incapaci o disinteressate a finanziare in modo corretto i soggetti più deboli e più bisognosi di credito. Questa situazione, non solo limita la formazione del capitale fisico produttivo su grande scala, ma, soprattutto, impedisce il sorgere di piccole attività produttive, artigianali o agricole, che possono formare il tessuto di un miglioramento del tenore di vita a livello di comunità locali. Va sottolineato che la finanza etica non si pone in posizione assistenziale o benefica, ma ha lo scopo di selezionare e promuovere solo i progetti di attività che promettono un reale rendimento economico.